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Cosa (non) scrivere su LinkedIn

Cosa (non) scrivere su LinkedIn

Motivato, appassionato e creativo sono solo tre degli aggettivi da evitare su LinkedIn se si vuole rendere il proprio cv davvero unico e interessante

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Le abbiamo provate tutte, ma ancora, dopo mesi e mesi di ricerche, ci ritroviamo senza lavoro, senza stipendio e senza prospettive per il nostro futuro. Eppure ci sembra di aver fatto di tutto. Abbiamo messo, infatti, le offerte adsl presenti sul mercato a confronto per poter essere sempre attivi su LinkedIn, perlustrato le bacheche online e risposto agli annunci più disparati. Abbiamo sottoscritto abbonamenti con i quotidiani e selezionato le offerte più interessanti muniti di evidenziatore. Ci siamo rivolti agli uffici di collocamento di tutta la provincia e tentato, in segreto, la via della raccomandazione. Eppure, di lavoro, nemmeno l’ombra.

Le cose da fare e quelle da non fare

Ci ritroviamo quindi disperati, ancora seduti di fronte al pc a correggere e ricorreggere infinite volte il nostro curriculum vitae senza mai raggiungere il ne varietur. Ci arrovelliamo sul web reclutando suggerimenti su dove, come, quando cercare lavoro, su cosa e quanto scrivere nella lettera di presentazione e sulla forza cinetica necessaria alla prima stretta di mano con l’human resource manager. E soprattutto facciamo rete su LinkedIn insieme agli altri disoccupati, ben 3 milioni e 322 mila amici-nemici, secondo i dati Istat dello scorso dicembre, con cui scambiare lamentele e tutorial. Ancora, però, non ci è venuto in mente, oberati da questa serie infinita di regole da seguire, che ci sia anche qualche cosa da non fare.

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Caratterizzarsi su LinkedIn

A Catherine Fisher, la career expert di LinkedIn, però, è venuto in mente. Ed è così che sul blog ufficiale del social per il lavoro più usato al mondo, è apparso un interessante intervento intitolato Brand YOU Year: How to Brand Yourself Without Sounding Like Everyone ElseCome non descriversi, insomma, per non apparire come chiunque altro. Non è necessario, d’altronde, un gran sforzo d’immedesimazione per capire perché qualunque datore di lavoro preferisca assumere una persona ben definita, concreta e caratterizzata, piuttosto che un Mr. Qualunque. Ed è importante, quindi, conoscere quali sono gli aggettivi più usati nella rete LinkedIn per evitarli e mettere a punto un curriculum che sia veramente personale e attraente per i recruiter.

La top ten degli aggettivi da evitare su LinkedIn

In testa alla classifica degli aggettivi più inflazionati su LinkedIn –e quindi da evitare– c’è il fatidico motivato. Essendo disoccupati, d’altronde, l’unica cosa per cui lo si può essere è proprio la ricerca del lavoro. Stimabile, certo, ma non sempre sufficiente a rendersi appetibile all’ufficio HR. Si continua, poi, con un generico appassionato. Passione per cosa non è dato sapere, senza contare che etimologicamente la caratteristica denota passività, niente di più lontano da una qualità lavorativa. Chiude la top three l’aggettivo creativo, abusatissimo, che vuol dire tutto e niente in un mondo sovrappopolato di geni dall’estro superlativo.

La graduatoria continua annoverando l’aggettivo ambizioso, più che mai desolante oltre che risaputo, e la perifrasi di grande esperienza, oltremodo supponente e generica. Sesta posizione per responsabile anche se, arrivati a una certa, veneranda età, speriamo di esserlo ormai tutti. Segue strategico, caratteristica abbastanza inutile se non accompagnata da esempi concreti di soluzioni o progetti. In ottava posizione track record, che se tenta di rassicurare il recruiter sulla nostra reale capacità di raggiungere la mission dell’azienda, non sembra definire nessun ambito di competenza. In coda ecco l’aggettivo organizzato, che, lungi da essere considerato un valore aggiunto, è visto più che altro come il minimo indispensabile per un dipendente. Chiude la top ten il gettonatissimo e insignificantissimo esperto, aggettivo davvero poco qualificante se si considera quanti degli oltre 332 milioni di iscritti a LinkedIn siano navigati tanto almeno quanto noi.

Tratto da Wired

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